Il Valore Umano fra le colline di Breganze
La Prima del Torcolato fa conoscere un territorio, nella pedemontana vicentina, che è poco noto e ancora nasconde storie e passioni che sembrano fuori dal tempo.
In un mondo dove tutto va veloce, dove un post di 4 ore è già nel fondo dello scroll, e se è stato postato solo il giorno prima fai fatica a trovarlo. Qui dove si rimane destabilizzati perché Twitter raddoppia i suoi 140 carattteri. Dove i supermercati propongono casse veloci, dove il cibo è sempre è sempre più take-awa, la connessione sempre più fast, le relazioni sempre più short e le amicizie sempre più virtuali. In un momento dove essere online sembra l’unico mezzo per sentirsi connessi, ecco in un mondo così, dove ci sto dentro connessa anche io sia chiaro, sto amando sempre più il mondo del vino, con i suoi tempi laschi, i tempi dettati dalla natura e le storie fatte di volti, di sudore, di famiglie che si rafforzano o si dividono, di prestiti in banca per comprare attrezzature, e di soddisfazioni date dalle grande annate. Insomma le storie, quelle storie purtroppo un po’ troppo offline perché invece lì il mondo del vino potrebbe fare ancora tanto.
Mi va di raccontarvi un territorio che è ancora troppo rinchiuso fra i comuni e le piazze, all’ombra dei campanili, con case strette fra filari e strade, e le tradizioni, come la Prima del Torcolato, appuntamento unico, ma ancora troppo lontano dal grande pubblico.
Parlo del Breganze Doc, una piccola realtà all’interno della pedemontana vicentina, da sempre terra di grande tradizione vitivinicola. La Doc raggruppa ben 15 tipologie di vini, ma quello più famoso e rappresentativo è il Breganze Torcolato, ottenuto dai più bei grappoli appassiti di uva vespaiola, la varietà tradizionale di questo territorio. Questo luogo è incantevole, fra i fiumi Astico e Brenta, qui si è attorniati dalle più belle e maestose ville venete, ma non vorrei tanto raccontarvi questo, che possiamo trovare in qualunque descrizione sul territorio e i suoi vini, ma quanto sia stato bello scoprire l’attaccamento che hanno per la terra i produttori della zona.
Ormai siamo abituati ai grandi numeri, ad aziende che sono spesso piccole (e grandi) holding, ma la realtà italiana, quella vera, è fatta di produttori come quelli di Breganze, che aprono le porte delle loro case per raccontarci il loro impegno e il loro futuro dalla voce delle nuove generazioni, con i padri seduti accanto al camino, come Firmino Miotti che ascolta e vigila sulla figlia Franca mentre ci racconta la loro storia, di quello che è stato e a ricordarci, che se siamo lì è grazie alla sua generazione e a chi prima di loro ha iniziato questo faticoso mestiere della terra. Tutto condito con una cena contadina a base di minestre, legumi, e insaccati, perché il maiale si sa, era il passaporto per superare l’inverno.
Gente abituata a svegliarsi all’alba, che non conosce la fatica, che descrive la quotidianità e la bellezza con orgoglio e umiltà, come Innocente dalla Valle dell’azienda agricola Ca’ Biasi che in totale serenità racconta che dalla sua collina, nelle giornate terse vede il campanile di San Marco a Venezia, ecco, non so il vostro, ma il mio skyline è un tantino diverso purtroppo!
Come Fausto Maculan e le sue figlie che vivono per la famiglia, investono nell’azienda e si nutrono della loro terra. Li ho molto invidiati per questo, a conferma che sono le passioni nella nostra vita a farci attraversare anche cerchi di fuoco.
Degustare uno Charmat di uva marzemina bianca dal nome evocativo Sampagna dell’azienda Vitacchio Emilio ti fa sorridere e ti fa star bene, nel leggere quel nome pronunciato con il loro accento così marcato, e grazie alla sua immediatezza e incisivi rimandi di frutta fresca, che ritroviamo anche in bocca, ci fa venir voglia di averne casse a casa perché va bene in qualsiasi occasione, e la bottiglia finisce senza accorgercene, perché è nel suo presentarsi senza pretese che ne godiamo la sua totalità.
Ma questo territorio si è presentato anche con grandi novità e con aziende che stanno investendo molto in marketing, nel packaging, ma soprattutto in un progetto eco-sostenibile che Mirco Gottardi di Vignaioli Contra’ Soarda offre all’interno della propria azienda anche con un ristorante di livello, con pietanze preparate a km zero, che aiuta ulteriormente nel promuovere un territorio come questo. Molti conoscono questa azienda per la linea dei Vini Musso con il Musso Burrito e il Musso Serafino Riserva, ma io non li dimenticherò per l’eleganza del loro Pinot Nero VignaCorejo prodotto in stile francese da cloni francesi, in un territorio certamente non famoso per quest’uva, dove cresce vigoroso su suoli vulcanici, fra significanti escursioni termiche, per sorprenderci con trame di estrema eleganza.